Boicottare Dolce e Gabbana non è un bene

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Boicottare Dolce e Gabbana non è un bene

La campagna mediatica contro gli stilisti gay più conformisti e tradizionalisti del pianeta potrebbe colpire direttamente i lavoratori del settore, già in crisi da tempo. Se davvero divi e divine che hanno sempre apprezzato le creazioni D&G dovessero – come hanno promesso – smettere di comprare gli abiti di Dolce e Gabbana, un altro pezzo della moda italiana andrebbe in difficoltà. Non ci è rimasto molto, eh?

Boicottare Dolce e Gabbana non è un bene, e lo dico dopo aver utilizzato io stessa l’hashtag contro di loro su Twitter. L’ho fatto perché hanno detto una frase che non si può tollerare (bambini di plastica) e perché onestamente non mi sono mai piaciuti, non tanto come stilisti quanto come persone: la presunta o reale evasione fiscale, l’amore per Berlusconi nei tempi d’oro dell’ex Cavaliere  e certe dichiarazioni pubbliche indigeribili non li rendono – almeno ai miei occhi – personaggi gradevoli. Farebbero bene a tacere molto e a dedicarsi solo alla moda: esternare le loro idee non serve che a nuocergli, soprattutto fuori dal nostro paese, laddove l’apertura mentale, la cultura democratica e l’etica del rispetto per i diritti di tutte le minoranze sono la norma, una buona abitudine.

Ciò non toglie che col passare delle ore mi sia resa conto che dal mondo dei vip e del jet set internazionale è partita una vera e propria guerra contro i due sconsiderati, una guerra mediatica con la quale si esortano le persone a non acquistare più i costosi capi firmati D&G. Bene, una cosa del genere non è pericolosa soltanto per i due stilisti, lo è per l’industria italiana. Ci stanno comprando il meglio del made in Italy, le migliori firme della nostra moda che una volta fatturava cifre iperboliche sono finite all’estero, in particolare in mano ai grossi gruppi francesi. Ci sono rimasti Armani, Renzo Rosso, Dolce e Gabbana e pochissimi altri. Se coloro che possono permettersi di comprare abiti firmati cominciano a disertare le passerelle di Dolce e Gabbana li mettono in ginocchio, e forse tra qualche anno arriverà un altro gruppo straniero che se li papperà.

Hanno sbagliato, non li approvo, ma non mi va di pensare che una giusta battaglia ideologica possa avere conseguenze che i lavoratori del settore pagherebbero per primi. Dunque sarebbe il caso di finirla con il boicottaggio e con l’appoggiare l’ira funesta delle star della musica e del cinema internazionale. Mi preoccupa anche il fatto che a difenderli ci pensi il peggio della sottocultura intollerante del nostro paese: quando ho saputo che Forza Nuova ha donato loro la tessera onoraria ho capito che questo potrebbe essere l’inizio della fine per il marchio. I due stilisti hanno imparato la lezione, di sicuro, e adesso dimentichiamo questa squallida faccenda: non è per loro, è per tutti gli italiani che lavorano per loro (l’organico del gruppo è costituito da migliaia di individui), è per preservare l’eccellenza, perché la moda – quella volgare o quella raffinata – è una nostra prerogativa da sempre.

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